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Centri storici e problema di contitolarità ereditaria su beni immobili.



Come è noto l’Italia, e in particolar modo la Sicilia, pullula di centri storici sulla cui bellezza hanno scritto romanzieri e fantasticato cinematografi e che continuano ad affascinare ogni turista desideroso di perdersi nelle viuzze di tali borghi la cui storia si perde nella notte dei tempi.


E’ anche noto, tuttavia, come proprio in Sicilia si assiste ad un lento e triste abbandono, oltre che degrado, di tali centri, quasi a voler tagliare i rapporti con un passato recente che potrebbe invece rappresentare il futuro, sia in termini di creazione di investimenti sia di innovativi scenari urbani e sociali.


La logica degli investimenti sui centri storici, però, sconta a volte degli inconvenienti di carattere giuridico e burocratico (a tacer d'altro) riguardante la situazione di comproprietà di diverse persone/soggetti (rectius, comunione ereditaria) in cui si trovano svariati beni immobili situati nei summenzionati centri.


Basti pensare alla vendita o donazione di un immobile, magari in una operazione di investimento ad ampio raggio, il quale potrebbe essere ostacolata dalla mancanza di un consenso unanime dei coeredi/comproprietari, e principalmente dallo scarso ricorso al procedimento di scioglimento della comunione ereditaria attraverso divisione con cui ogni coerede potrebbe disporre liberamente della propria quota o bene.


Ecco che la comunione ereditaria sovente si trasforma in una sorta di Giano bifronte che bisogna fronteggiare, qualora si voglia avviare un'operazione di investimenti su dei centri storici, come spesso testimoniato dall’amico notaio Andrea Bartoli fondatore del Farm cultural park di Favara.


Ma è così complesso procedere allo scioglimento della comunione ereditaria al fine di “liberare” dei cespiti patrimoniali ed agevolare gli investimenti?


A questo riguardo, l’art. 713 del codice civile stabilisce che è la facoltà che la legge attribuisce a ciascun coerede di chiedere in qualunque momento la cessazione della comunione ereditaria, ossia quella situazione di comproprietà su beni mobili o immobili e derivanti da una successione legittima e/o testamentaria.

Grazie a questa facoltà riconosciuta dall'art. 713 del codice civile, ogni coerede può sciogliersi dalla comunione ereditaria e divenire unico proprietario dei beni che gli verranno assegnati.


Termine per chiedere la divisione


L’esercizio della facoltà prevista dall'art. 713 è imprescrittibile, tuttavia se vi sono eredi istituiti minori d'età, il testatore può disporre che la divisione non abbia luogo se non dopo un anno dal raggiungimento della maggiore età. Il testatore, inoltre, può disporre che la divisione anche parziale non abbia luogo prima che sia trascorso dalla sua morte un termine non eccedente il quinquennio.

Il tribunale potrà, tuttavia, disporre consentire la divisione anche prima dei termini suddetti se ricorrono gravi circostanze.


Qual è l’ oggetto della divisione ?


Sono i beni facenti parti dell'eredità, e la divisione può aversi anche se essa ha per oggetto beni immobili non facilmente divisibili. In tal caso la divisione deve avvenire attribuendo il bene per intero nella porzione del coerede che ha diritto alla quota maggiore o ai coeredi che ne chiedono congiuntamente l'attribuzione ( art. 720 c.c.)


La divisione può essere di tre tipi:


Divisione contrattuale


Si ha quando i coeredi raggiungono un accordo sulle modalità della divisone stipulando il relativo contratto divisionale Trattasi di un contratto che ha natura dichiarativa, di conseguenza il contratto ha effetto retroattivo attribuendo il diritto sul singolo bene a ciascun erede sin dal momento della successione.


Divisone giudiziale


E’ promossa da uno o più eredi quando preferiscano adire l'autorità giudiziaria per giungere alla divisione. Si tratta di una ipotesi di litisconsorzio necessario poiché devono essere chiamati a partecipare al giudizio tutti i coeredi, nessuno escluso.

Fasi della divisione:


1. formazione della massa ereditaria compresi i beni che sono stati donati ai coeredi dal de cuius; se il coerede era debitore del defunto deve imputare alla sua quota il valore del suo debito ( artt. 724 e 725 c.c.)


2. stima dei beni ( art. 726 c.c.) secondo il loro valore di mercato , tuttavia il testatore può indicare una persona che effettui la stima che non sia erede o legatario: la divisione proposta da questa persona non vincola gli eredi, se l’autorità giudiziaria, su istanza di taluno di essi, la riconosce contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua.


3. formazione delle porzioni spettanti a ciascun erede ( art. 726 c.c.), ma se il testatore ha indicato le porzioni, queste sono vincolanti per gli eredi; nel caso vi sia ineguaglianza in natura delle quote ereditarie si provvede con un conguaglio in denaro.


4. assegnazione o attribuzione delle porzioni (art. 729 c.c.). L'assegnazione si ha quando le porzioni sono uguali ed è fatta mediante estrazione a sorte, mentre l'attribuzione si ha quando le porzioni sono diseguali


Cos’è la divisone testamentaria?

Questa è effettuata direttamente dal testatore che divide i suoi beni tra gli eredi (art. 734 c.c.). Potrebbe accadere che il testatore preveda la formazione dei c.d. "assegni divisionali" con i quali indica con quali beni dovranno essere formate le pozioni ( art. 733 c.c.). In tal caso vi è comunque comunione ereditaria e gli assegni divisionali sono stati previsti dal testatore in vista di una possibile divisone.

La divisone testamentaria è nulla quando il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti ( art. 735 c.c.), mentre se dalla divisione è stato leso il diritto alla legittima l'atto non è nullo, ma il coerede leso nella sua quota di riserva può esercitare l’azione di riduzione contro gli altri coeredi.

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