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Musica ad alto volume, è reato.


È ancora reato, e quindi perseguibile dal Legislatore penale, chi ascolta musica a un volume troppo alto. La fattispecie di reato prevista dall'art. 659 c.p., rubricta "Disturbo delle occupazione o del riposo delle persone", non è stata depenalizzata in quanto non è stata ancora esercitata la delega conferita al Governo (legge 67/2014).


Lo ha precisato la Suprema Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 55096/2016 dichiarando inammissibile il ricorso del condannato relativamente al reato di cui agli art. 81 e 659 c.p.: l'imputato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, abusando con l'utilizzo di strumenti sonori (anche in orario notturno) disturbava il riposo e le occupazioni dei propri condomini occupanti gli appartamenti sovrastanti e sottostanti la sua abitazione.


I fatti avvenivano in epoca anteriore prossima al 6 febbraio 2013 ed erano stati acclarati dalle sommarie informazioni assunte dai condomini che dichiaravano che il ricorrente era solito ascoltare musica ad altissimo volume incurante delle lamentele del condominio, spesso già dal mattino, tanto che alcuni erano stati costretti a uscire per studiare o svolgere occupazioni altrove. Addirittura, con altri condomini gli occupanti degli appartamenti adiacenti avevano anche sottoscritto una petizione all'istituto diocesano proprietario dell'appartamento condotto in locazione dall'imputato.


La difesa evidenzia che il legislatore ha depenalizzato il reato di cui all'art. 659 c.p. (d.l. 67 del 2014) e che la condotta dell'imputato può integrare l'ipotesi dell'art. 131 bis del c.p. (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto). Tuttavia, per la Cassazione i motivi sono manifestamente infondati.


In primis, spiega il la Suprema Corte, il reato di cui si tratta non risulta depenalizzato, non rientra tra le ipotesi di depenalizzazione del d.lgs. n. 7 e n. 8 del 2016. La previsione della depenalizzazione nella legge n. 67 del 2014 all'art. 2 non è sufficiente per ritenere depenalizzato il reato di cui all'art. 659 c.p. che neppure può ritenersi abrogato per effetto diretto della legge 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie.


Manifestamente infondato è anche il motivo circa l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: il reato, spiega il Collegio, è stato commesso reiteratamente per un periodo di tempo prolungato e con gravi disturbi ai condomini, anche in ore notturne, come evidenziato nella sentenza impugnata.


La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio.


Nemmeno viene accolta la doglianza della difesa secondo cui la sentenza impugnata si fonderebbe su scarne risultanze probatorie e pronunciata in assenza di accertamenti strumentali. In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, aggiunge la Cassazione, l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.


Nel caso esaminato l'accertamento è avvenuto sulla base delle sommarie informazioni raccolte dai condomini; l'intensità dei rumori, che ha costretto intere famiglie a uscire dalla casa per trovare un po' di pace, e la lettera esposto alla Curia, con richiesta di intervenire quale proprietaria dell'appartamento, inducono a ritenere, come adeguatamente motivato nella sentenza impugnata, che il disturbo sia avvenuto nei confronti di un numero indeterminato di persone, o comunque era potenzialmente idoneo ad infastidire tutto lo stabile ed anche oltre.



Commento a sent. Cass., III sez. pen., n. 55096/2016

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